Nel Maggio 2019 è stato pubblicato su Nature Conservation uno studio di portata considerevole che raccoglie trent’anni di analisi dei cambiamenti climatici nella regione del Gran Sasso d’Italia, in Abruzzo. I risultati raccontano che il Gran Sasso è già entrato nella crisi climatica: la temperatura media annua è aumentata di 1,7°C negli ultimi 65 anni, mentre le piogge, divenute estremamente imprevedibili, risultano tendenzialmente in calo (-30mm).
Come la pioggia, anche la neve ha subito una netta diminuzione (-147mm). Nel Parco Nazionale del Gran Sasso nevica meno, nevica più tardi di un tempo (a cavallo tra inverno e primavera) e soprattutto nevica ormai solamente in alta quota. Per larghi tratti dell’anno, complici anche i più frequenti sbalzi di temperatura, al di sotto dei 1800 metri la neve non riesce a saldarsi sul terreno, a stratificarsi ed a compattarsi. C’è meno neve che si scioglie, e di conseguenza meno acqua a penetrare il terreno e rifornire il lago sotterraneo di Campo Imperatore.
La Vitella d’Oro, una delle tante sorgenti alimentate da questo grande bacino carsico, sgorga dalla terra in uno scintillio di spruzzi di cascata non lontano dal villaggio di Farindola. Come accaduto a molte altre risorgenti della zona, la portata idrica della Vitella d’Oro è calata considerevolmente già alla fine degli anni ’60, a seguito della realizzazione del traforo dell’autostrada A24, nel cuore del Gran Sasso. Ma secondo Mario Viola, speleologo ed esperto nazionale del CAI per la Tutela dell'Ambiente Montano, la minore quantità di neve ha causato un’ulteriore diminuzione della portata d’acqua del 15% negli ultimi trent’anni.
Un’emergenza da non sottovalutare, che potrebbe avere dei risvolti critici per il bioma del Gran Sasso, già sottoposto a stress idrico, ma anche per oltre centomila cittadini abruzzesi. Dalle acque della Vitella d’Oro nasce infatti il fiume Tavo, il quale alimenta i terreni agricoli dell’omonima valle nonché diverse città sulla costa adriatica, quali Montesilvano e Pescara. Per questo motivo la sorgente è costantemente monitorata dal personale del Parco Nazionale e dell’ACA, che gestisce la rete idrica.
È con loro che ci siamo addentrati in un dedalo di gallerie senz’uscita, nelle viscere pulsanti della montagna.