Nella notte tra il 28 ed il 29 ottobre 2018, nel giro di poche ore, la tempesta Vaia ha cambiato il volto delle Alpi. Nel nord-est Italia quella notte sono stati rasi al suolo oltre 40.000 ettari di bosco e schiantati quattordici milioni di alberi. Sono straripati il Piave ed il Brenta, crollati ponti e strade. Tre miliardi di euro danni, forse di più. Le aree più colpite sono state il Trentino e soprattutto il Veneto, nelle province di Belluno e Vicenza, ma anche Alto Adige, Lombardia, e Friuli-Venezia Giulia hanno sofferto. Per riportare i boschi alla normalità di un tempo ci vorranno decenni.
La tempesta Vaia è stata classificata come uno degli eventi metereologici estremi più devastanti ad essersi mai abbattuti sul Veneto, il peggiore in termini di impatto sugli ecosistemi forestali mai registrato in Italia. Dopo essersi incuneati tra picchi e vallate montane, i suoi venti sferzanti hanno raggiunto anche i duecento chilometri orari. La ragione di tanta violenza, secondo il Cnr, è da ricercarsi in un ottobre particolarmente caldo ed in particolar modo nelle temperature del Mar Mediterraneo, fino a due gradi superiori rispetto alla media degli autunni passati.
Durante i giorni della tempesta Vaia non hanno patito solo i boschi di Veneto e Trentino, ma anche le decine di migliaia di cittadini rimasti isolati. Strade interrotte, ponti distrutti, tante case al buio. La protezione civile, i vigili del fuoco, gli operatori Enel erano in prima linea tra il fango e l’interminabile pioggia per ripristinare i collegamenti, gli acquedotti, la fornitura elettrica.
In Italia, fino a questo momento, di casi registrati in cui una tempesta sia riuscita ad abbattere interi tratti di foresta se ne contano sulle dita di una mano, nessuno della magnitudo della tempesta Vaia. Ma quella che finora è stata l’eccezione rischia di diventare la regola a causa dei cambiamenti climatici.