

Quando parla di cambiamenti climatici, Jean Jalbert parla con cognizione di causa: è il direttore della Tour du Valat, uno dei maggiori istituti di ricerca per la conservazione delle zone umide nel Mediterraneo. Jean è convito che, per adattarsi ai mutamenti del clima, in Camargue sia necessario ridare alla natura lo spazio sottrattogli dall’uomo. “Le zone umide come la Camargue funzionano un po’ come delle spugne: assorbono l’acqua quando ce n’è in eccesso, la rilasciano quando scarseggia. Dato che andiamo verso un’era di siccità e precipitazioni erratiche, preservare questi straordinari ammortizzatori climatici è la nostra migliore assicurazione sul futuro.”
Al Domaine Petit Saint-Jean, un’azienda agricola della Petite Camargue, la Tour du Valat ha cominciato ad applicare questa filosofia alla viticoltura. Dei cento ettari a disposizione, solo 28 sono utilizzati per la coltivazione delle viti che produrranno vin de sable, il rosé tipico della regione; il resto sono foreste e stagni dove vivono oltre 350 specie di piante ed almeno 170 specie di uccelli. I filari di vite sono parte integrante di un ecosistema naturale ed umano col quale interagiscono e che le valorizza, secondo i principi della agro-ecologia. “L’obiettivo” conclude Jean “è dimostrare che attività agricole e preservazione della natura non solo sono compatibili, ma possono rinforzarsi a vicenda”.
Nell’ultimo secolo, circa il 60% delle zone umide del pianeta è sparito a causa delle pressioni antropiche. La Tour du Valat ha deciso di provare ad invertire la tendenza: ha deciso di far rientrare il mare.
Assieme ad altri due enti, hanno preso in gestione un’area litoranea di 6500 ettari non lontano dalla foce principale del Rodano, dove un tempo sorgevano delle saline. I vecchi proprietari hanno deciso di venderle perché era diventato troppo costoso riparare ogni anno la diga che le separava dal mare, il cui livello in Camargue aumenta di 5 millimetri l’anno (più del doppio rispetto al secolo scorso). Per i ricercatori della Tour du Valat, non ha senso adattarsi ai cambiamenti climatici costruendo muri: per questo aiutano il mare a riprendere il controllo dell’ecosistema. La morfologia del territorio, lentamente, si sta modificando secondo un percorso non pianificato. Negli stagni più vicini al mare, in quella che una volta era una salina senza vita, cominciano a tornare pesci, molluschi, uccelli e ciuffi di salicornia.
Della diga sul mare non resta che qualche pietra sconnessa lambita dalle onde.